Napoli. Giornata uggiosa. Migliaia e migliaia di visitatori di diversa generazione, appassionati di videogiochi e fumetti, giravano attenti ed incuriositi tra i padiglioni della fiera. Attenta e con gli occhi incuriositi mi spostavo alla ricerca di progetti interessanti – con qualche difficoltà – fino ad essere rapita dallo stand dedicato ai videogiochi indipendenti, i cosiddetti indie games. Lì, tra una sbirciatina allo stand ed una prova dei giochi presenti, ho conosciuto uno dei game designer presenti, Christian Costanza, che mi ha subito coinvolto e fatto provare i giochi che il suo team Big Bang Pixel ha portato al Napoli Comicon 2016.
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La Big Bang Pixel è un team di Milano della scena indie italiana. I giochi che sviluppano sono davvero interessanti ed alcuni hanno anche un carattere sociale, legato alle difficoltà causate dalle malattie degenerative, come Neuro Ski, di cui vi parlerò più avanti. Durante il nostro primo incontro a Napoli, Christian mi ha messo di fronte a tre progetti: Skiddy The Slippery Puzzle, GangPad e Neuro Ski. Tre giochi di diverso genere, ma con unico obiettivo: divertire innovando. Eh già, alla base di tutto deve esserci proprio l’innovazione per sviluppare progetti interessanti e non i soliti progetti caratterizzati dall’usuale monotonia vista e rivista nel corso degli anni. Ma ora bando alle ciance ed iniziamo il nostro viaggio alla scoperta dei tre giochi che Christian e l’intero team hanno progettato e sviluppato.
Skiddy The Slippery Puzzle
Skiddy è un puzzle game, vincitore del premio SMAU per “il migliore titolo mobile“, disponibile per Windows 8/10 e Windows Phone, ma che ben presto giungerà anche su Android ed iOS. In questo puzzle game avremo dei piccoli esserini di colore rosso posizionati sulla board del gioco (gli Skiddy), il cui scopo è quello di raggiungere l’uscita tutti assieme. Per raggiungere l’uscita possiamo sia inclinare il piano del dispositivo (su cellulare è presente sia l’inclinazione del dispositivo che lo swipe del touchscreen) che utilizzare tastiera, mouse e gamepad su PC. Inclinando il piano o utilizzando le altre periferiche, gli Skiddy si sposteranno tutti insieme e non si fermeranno finché non troveranno un ostacolo.
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Quando uno Skiddy esce portando con sé tutti quelli che tocca, il giocatore guadagna una medaglia Combo Massima, ma non sarà l’unica: infatti, è possibile aggiudicarsi anche la medaglia delle Mosse Minime nel caso in cui ci avanzeranno dieci mosse tra quelle disponibili. E, se proprio siamo bravi, possiamo ottenere la medaglia Perfect nel caso in cui riuscissimo a portarci a casa sia la Combo Massima che quella delle Mosse Minime nello stesso momento. Il gioco, inoltre, è suddiviso in mondi ed ogni mondo ha un suo ostacolo o una combinazione diversa. In poche parole un gioco davvero interessante, che non richiede abilità specifiche nel riuscire a fare determinati movimenti, siano essi veloci o meno, ma soltanto la pura logica.
GangPad
Cosa c’è di più bello se non potersi divertire in compagnia? Nulla! Ed ecco che BigBang Pixel ci offre anche un massive multiplayer local party game. Il gioco ideale per far rivivere in me i cari tempi passati, quando il multiplayer era stare nella stessa stanza, gomito a gomito, e non stare riversi su di un monitor nella solitudine e nel buio della propria cameretta, illuminata soltanto dalla luce pulsata di qualche LED, per affrontare qualcuno che sta a migliaia di chilometri da noi. GangPad è questo.
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Questo gioco è stato pensato per giocare fino ad 88 in contemporanea, ed 11 su ogni pad, sfruttando ogni singolo tasto del controller. Pensate che non sia fattibile? Iniziate a preparare le squadre ed allenatevi a sfidarvi in una serie di mini giochi, anzi nano giochi, nell’attesa del lancio del gioco. Un titolo che si basa sulla logica, i riflessi e la fortuna: tuttavia la sfida non è tutto, dal momento che si può anche cooperare per tentare la fortuna e provare a vincere. Peccato che non sia ancora disponibile una demo pubblica per farvi vedere che tutto ciò è possibile fare.
Neuro Ski
Abbiamo iniziato con un puzzle game, siamo passati per un massive multiplayer local ed ora concludiamo con quello che ha suscitato in me tantissima curiosità: Neuro Ski. Si tratta di un gioco di sci, nato in occasione della HackDisabilities (iniziativa di Neomobile e Codemotion, una gara di programmazione volta a trovare idee e prototipi per superare la disabilità) con la collaborazione di Rising Pixel. Il controller di questo gioco è davvero speciale, ovvero la mente.
Gli sviluppatori di questo team hanno cercato di creare una sorta di gioco mono tasto, poiché usare un “controller mentale”, per quanto si tratti di operazioni quotidiane, come concentrarsi e rilassarsi, non è affatto semplice. Al contempo non volevano che il gioco fosse banale, e per questo hanno usato alcune tecniche per diminuire la frustrazione, rendendo il gioco un qualcosa in cui è possibile sempre migliorare i propri record. Attualmente il record con il controllo fisico è di 41,2″, mentre quello mentale è di 1’04”, ma è possibile migliorarlo di volta in volta. Neuro Ski è stato pensato in primis come uno strumento didattico per insegnare ad utilizzare il controllo mentale a chi è affetto dall’impossibilità motoria e non riesce ad utilizzare le classiche ed usuali periferiche (tastiera, mouse, pad) legate al PC, per poi riutilizzarlo con altri software più utili per facilitare l’uso del PC o altri dispositivi. Nel caso in cui il team riesca a trovare ulteriori fondi l’intento è quello di allargare i confini del proprio progetto, offrendo un controllo totale del PC, per poi passare ad aspetti più pratici della vita quotidiana e quindi rendere meno difficoltose azioni che per noi sono semplici e veloci, come accendere la luce, il condizionatore, la doccia e tanto altro. Dunque il prossimo obiettivo è quello di riuscire ad interfacciarsi con la casa intelligente.
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Un progetto che non andrà a migliorare e facilitare soltanto la vita di chi è colpito da queste patologie, ma anche quella delle famiglie, che potranno allontanarsi per qualche istante senza la paura che possa accadere qualcosa, dal momento che i loro cari saranno in grado di chiedere aiuto o soddisfare il loro bisogno in quell’istante che si troveranno da soli. Che dire? Un ottimo progetto con tanti punti a favore per aiutare chi ne ha bisogno.
Mini Interview a Christian Costanza
Prima di concludere il mio viaggio alla scoperta di uno dei team della scena indie italiana, ho rivolto qualche domanda al protagonista di questo mio approfondimento: Christian Costanza, game designer indipendente italiano.
Come è nata la tua passione? Come vedi il tuo futuro da sviluppatore?
Mio padre è un patito di tecnologia e girava per il mondo, quindi sono nato con un Atari 2600 in casa e un’altra console ancora prima. I giochi sono sempre stati presenti, dal giocare si è poi passato a far conoscere la passione agli altri: portando il Virtual Boy al liceo per far vedere la stereoscopia, ai party con amici mettevo il Salto della Corda di Wario per giocare in 16 allo stesso tempo, organizzavo anche dei raduni con appassionati di Nintendo provenienti da tutta Italia. La passione ha continuato a crescere facendo diventare un bisogno quello di creare qualcosa di mio. Per il futuro, continueremo a creare giochi relativamente piccoli e originali, che divertano, insegnino o esplorino un angolo lasciato al buio di questa disciplina che si sta ancora formando.
Quali sono i tuoi videogiochi tripla A che avresti voluto realizzare? Indie preferito?
Another World, Mario Kart: Double Dash!!, giocato in 16 (sfortunatamente in pochi hanno avuto la fortuna di provarlo in LAN), Kururin Squash!, ma forse il videogioco che avrei voluto realizzare più di tutti è Wii Sport. Come gioco indie probabilmente Cut the Rope.
Il prossimo progetto? Approderete anche su altre piattaforme che non sia il PC e l’Xbox?
Skiddy the Slippery Puzzle è uscito su Windows Phone, adesso lo stiamo facendo uscire per Android a cui seguirà la versione iOS. Non abbiamo vincoli, se si può fare qualcosa di interessante e ne abbiamo l’opportunità perché no? Per quanto riguarda i prossimi progetti al momento siamo sullo sviluppo di 3 titoli, quindi abbiamo idee su cosa verrà dopo, ma finché non termineremo quello che stiamo facendo non possiamo correre su altro.
Quanto tempo scorre dalla nascita dell’idea alla realizzazione? Tutti i progetti giungono all’obiettivo della pubblicazione?
Assolutamente no, tra l’altro è buono capire velocemente se un titolo ha le potenzialità di essere finito, se non convince e ci sono poche possibilità di farne un buon prodotto meglio cestinarlo subito prima di averci speso tempo e fatica (se parliamo di team formati da ragazzi motivati dalla passione, per team veri e propri è grave accorgersene tardi e non avere un piano di rientro). Per quel che riguarda il tempo di realizzazione può volercene davvero tanto, soprattutto se per vivere devi fare altro: quindi il gioco può essere messo in pausa per mesi e vedere la luce soltanto dopo anni.
Quali sono le difficoltà che un team di sviluppo indipendente trova sul proprio cammino nel portare avanti i propri progetti?
È un mondo molto difficile e per giunta in sviluppo costante e con cambi repentini, quello che valeva un anno fa oggi è preistoria, questo se parliamo di piccoli team che sono già da anni nel mondo dello sviluppo, per chi inizia invece c’è il problema di non sapere come gestire il lavoro. Generalmente si pensa che fare un videogioco sia una cosa semplice, per questo ci sono molti piccoli studi che non portano a compimento il loro progetto o il loro gioco è pubblicato ma non terminato.
Non avere un editore che impone determinati limiti di tempo e creatività è un vantaggio o uno svantaggio dal punto di vista economico e creativo?
Rispettare delle tempistiche è fondamentale per cercare di rientrare nei costi di sviluppo, mentre dal punto di vista creativo avere dei limiti non è per forza un male, spesso ci costringe a vedere le cose diversamente, in ogni caso per idee diverse dal solito non necessitano di molto tempo per nascere (GangPad, Neuro Ski e Tastiera Assassina sono nati durante delle Jam/hackthon di 48 ore o meno). Discorso totalmente diverso è il rifinirlo, il 20% finale del gioco ha bisogno dell’80% del tempo (per rifarsi al principio di Pareto).
Non voglio farti i conti in tasca, ma molti si chiedono se si riesce a campare con il ricavato delle vendite…
Nel mio caso e in quello di molti team molto più bravi di me, semplicemente no, probabilmente mancano le basi per rendere un prodotto in attivo, non basta fare un gioco bello e poi verrai premiato, ma soprattutto fare un gioco fatto bene costa e anche non poco. Il problema è che si pubblicizzano i casi eclatanti e si pensa che se Minecraft ha guadagnato 2,5 miliardi di dollari sia facile guadagnarne anche un millesimo, ma purtroppo non è così.
Cos’è un indie dal tuo punto di vista? Quali sono gli ingredienti per farlo notare e decollare?
Indie vuol dir tutto e niente ormai. Diciamo che mi piace pensarlo in maniera più poetica: lo sviluppatore che lo fa per passione, più come hobby che come lavoro, ma per un mercato che funziona bisogna tirarsi su le maniche perché o lo si rende remunerativo o sarà sempre confinato e non potrà crescere come potrebbe. Per farsi notare deve essere riconoscibile sotto tutti gli aspetti. La base è che debba essere un buon prodotto, ma deve avere qualche particolarità che lo distingua sia dal punto di vista del gameplay che graficamente. Purtroppo non c’è una regola magica per decollare. Quando uscii Flappy Bird sono piovute anche un sacco di critiche, io sinceramente ho preferito concentrarmi sulle cose positive del gioco: andava a soddisfare la richiesta di giochi difficili, chiedeva il minimo possibile al giocatore, era gratuito e tenere il cellulare in verticale è una fatica in meno per il giocatore. Ma soprattutto la sfida iniziava fin dal primo tubo: il giocatore non doveva perdere 1 minuto per arrivare ad un punto difficile. Questi sono stati ingredienti molto importanti.
Cosa pensi della scena indie italiana? Credi che l’Italia offra le stesse opportunità che lo scenario internazionale dona a chi vuole buttare le basi per una carriera da sviluppatore?
La scena indie italiana si sta facendo davvero interessante sotto tutti i fronti: qualità, quantità e originalità. Per crescere questo è un ottimo momento, ma per una carriera ben retribuita sinceramente punterei più all’estero. C’è da dire che purtroppo in questo momento storico l’Italia ha problemi anche in molti altri campi rispetto a quello che succede fuori dal confine.
L’Italia è una nazione che consuma soltanto i videogiochi o li produce anche con una degna nota nel palinsesto internazionale?
L’Italia gioca molto e crea molto, abbiamo aziende come la Milestone e i suoi giochi a due ruote, la Digital Bros che distribuisce giochi tramite Halifax e 505 Games, abbiamo la divisione italiana di Ubisoft (che cura Just Dance, per esempio), ma c’è anche la Kunos, che produce simulazioni di corse per una nicchia di super appassionati. Abbiamo anche italiani all’estero: giusto per fare un esempio uno dei fondatori della King (Candy Crush Saga) è italiano ed anche la scena indie si fa sentire. Pensiamo ai Santa Ragione finalisti all’IGF (l’oscar dei videogiochi indie), Ovosonico che firma una partnership con Sony, i Mixed Bag citati da Nintendo o Sony, Microsoft che porta sul Palco Nero Fru all’E3 del 2014, per parlare dei casi di cui si parla anche all’estero e che mi son venuti in mente adesso.
Cosa pensi dei videogiochi in generale? I gamer, in particolar modo le gamer-girl, vengono visti ancora come una sorta di specie aliena?
Il gioco in generale è erroneamente attribuito ai bambini, ma in realtà non lo è mai stato: pensiamo agli scacchi, alle bocce o agli sport in generale. I videogiochi, essendo più giovani, hanno dovuto aspettare un po’ prima che la società li accettasse, ma ricordiamo che chi ha avuto da bambino una Atari 2600 al lancio nel 1977 adesso ha superato i 40 anni. Negli ultimi anni ci sono stati tre apparecchi che hanno sdoganato il gioco: il Nintendo DS, il Wii, coi loro controlli semplici e manuali (touchscreen e giroscopi) e poi l’iPhone, che ha aumentato le possibilità di gioco su cellulare dando la possibilità a tutti di giocare ovunque, anche a chi non è disposto a comprarsi una console portatile che serva solo a quello. Qualche tempo fa le statistiche davano come età media i 34 anni e il 40% di giocatrici femminili. Questi però sono dati reali e un game designer sa benissimo che realtà e percezione sono due cose abbastanza diverse, quindi per quanto le ragazze che giocano vengano ancora viste come specie aliena (reazione accettabile, ma c’è anche una componente di sessismo che non riesce ad accettare o peggio a contemplare che le ragazze possano giocare e divertirsi coi videogiochi) a poco a poco verrà superato: è solo una questione di tempo.
Quali sono i fattori che stanno rovinando il mercato videoludico?
C’è stata una democratizzazione dello sviluppo: adesso chiunque può fare un gioco, magari non bello, ma lo può pubblicare e la gente lo può scaricare. Di per sé questo è davvero ottimo, il problema è che il mercato è stato lasciato a sé stesso, quindi all’aumentare dei prodotti immessi non c’è stato un qualcosa che riuscisse a premiare la qualità. Gli sviluppatori in erba, senza capacità di vendita e senza un budget da spendere, sono stati costretti a fare una gara al ribasso, e si è scesi fino al minimo possibile, ma questa è una strategia che si può attuare solo se lo fa uno, se lo fanno tutti diventa una necessità, anche perché per l’utente finale non esiste un prezzo giusto. Gli utenti guardano cosa offrono gli altri: se tutti offrono 1 $ e tu ne chiedi 3 $ stai chiedendo il triplo. Non è importante che le stesse persone 10 anni fa se avessero trovato un gioco a 10 € lo avrebbero considerato un affare, in pochissimo tempo il prezzo è sceso al minimo. Poi si è passati ai giochi gratuiti con pubblicità e adesso anche solo avere la pubblicità non è vista bene. Il problema è che come qualunque mercato c’è bisogno di denaro per sostenersi e adesso la stragrande maggioranza di piccoli studi non riesce a mantenersi con lo sviluppo dei propri videogiochi.
Cosa dovrebbe spingere un videogiocatore a comprare un indie piuttosto che un AAA?
Il vantaggio dei giochi indie è che possono rischiare di più e quindi testare cose mai viste, magari andando a prendere proprio qualcosa che interessa proprio a te. Per il resto spero che i giocatori passino da giochi tripla A a quelli indie senza stare a fare troppe distinzioni.
Vuoi dire qualcosa ai nostri lettori?
Giocate, andate alla ricerca di giochi diversi dai soliti. Se avete passione provate a formare piccolissimi team per provare a fare giochi magari partecipando a delle jam nelle vostre vicinanze (online ce ne sono tutti i mesi) e quando trovate un gioco che vi piace supportatelo.
Il nostro piccolo viaggio alla scoperta di questa realtà italiana impiegata nello sviluppo di videogiochi indipendenti è finito. Ringrazio Christian per la disponibilità e il tempo che ha messo a mia disposizione per riuscire a far emergere e raccontare una piccola parte dei protagonisti della scena indie italiana.